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Anche il mercato degli smartphone è in crisi. Ecco perché

I continui lockdown in Cina sono la causa principale del rallentamento anche in Europa
Anche il mercato degli smartphone è in crisi. Ecco perché

Le attuali e crescenti tensioni geopolitiche sommate agli effetti nefasti della pandemia sull’economia sono le principali cause dietro alla costante decelerata del mercato degli smartphone nel mondo e soprattutto in Europa.

Secondo gli analisti, infatti, il mercato del mobile, il più profittevole nel settore informatico se confrontato con quello di desktop e tablet, ha subito negli ultimi mesi una brusca frenata e potrebbe impiegare molto tempo a riprendersi: nell’ultimo report di Counterpoint è stato confermato il trend discendente del mercato, con un calo complessivo dell’11% in Europa su base annua nel secondo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021. Si tratta del dato più basso mai registrato dal secondo trimestre del 2020 (dal periodo della pandemia).

Le uniche due società nello specifico a non avvertire troppo il contraccolpo economico e a riuscire a rimanere ancora in positivo sono i due colossi Apple e Samsung. Eppure anche l’azienda di Cupertino e la casa sudcoreana stanno affrontando diversi inconvenienti: Apple ha dovuto contrassegnare le componenti dei suoi prodotti con etichette ‘Made in China’ a causa all’escalation nell’indo-pacifico tra Cina e Taiwan per non avere problemi alla dogana cinese e non ritardare così l’uscita di iPhone 14. Samsung, invece, avrebbe ridotto la produzione dei suoi smartphone a causa del calo delle vendite.

Stando a quanto riporta il Financial Times, inoltre, il governo di Taiwan avrebbe da poco chiesto a Foxconn – azienda taiwanese su cui Apple fa affidamento per l’assemblaggio dei sui iPhone e che è presente sul territorio cinese con ben 13 impianti in nove città - di bloccare un suo investimento da 800 milioni di dollari in Tsinghua Unigroup, società di semiconduttori in Cina, aumentando ulteriormente gli attriti nella regione.

Un rapporto del mese precedente della stessa società di ricerca aveva evidenziato come le vendite dei dispositivi mobile a livello mondiale fossero calate sotto i 100 milioni, per l’esattezza a 96 milioni, una cifra piuttosto bassa che addirittura negli ultimi 8 anni è stata toccata solamente nel 2020, proprio in concomitanza con la pandemia. Un altro dato significativo del grafico pubblicato da Counterpoint è il trend che si conferma costantemente in negativo da circa un anno, quando nel 2021, dopo le prime ondate della pandemia, c’era stata una ripresa.

Il campanello d'allarme più significativo arriva dalla Cina dove società come Huawei sono in continua perdita - l’azienda di Shenzen solamente in Italia ha perso oltre 850 milioni in tre anni. Per quanto riguarda le spedizioni di smartphone in Cina, secondo Nikkei Asia, entro la fine dell’anno caleranno a numeri finora mai raggiunti negli ultimi 10 anni.

Ma venendo alle ragioni dietro ai cali delle vendite, è proprio dalla situazione in Cina che bisognerebbe partire per comprendere le ripercussioni anche in Europa. Secondo gli esperti, il mercato degli smartphone nel gigante asiatico è attualmente saturo e i consumatori sono diventati molto più attenti ai loro portafogli e aspettano più a lungo prima di upgradare i loro dispositivi.

I continui lockdown nel Paese fin dall’inizio della pandemia dovuti alla politica ‘zero Covid’ e i conseguenti stop nelle filiere produttive hanno tuttavia avuto ripercussioni anche in Europa esacerbando da una parte la crisi dei semiconduttori, che fino a quel momento era dovuta solamente a ragioni come il mining di criptovalute e al massimo alla guerra commerciale tra Usa e Cina sui dazi. Basti pensare infatti che oltre ai due maggiori produttori mondiali di semiconduttori che sono Tsmc e Samsung Foundry, rispettivamente a Taiwan e in Corea del Sud, c’è ancora una grande fetta di produzione che viene compiuta all’interno della Cina da aziende come Smic a Shanghai, ma anche come Tsinghua Unigroup e Yangtze Memory Technologies proprio a Wuhan.

Dall’altra parte, oltre alle aziende produttrici di semiconduttori, i lockdown hanno bloccato soprattutto anche le fabbriche di assemblaggio dei componenti e quindi degli smartphone, che al contrario e per la stragrande maggioranza dei casi vengono assemblati in Cina.

Tutto questo ha causato quindi un calo dell’offerta e delle spedizioni a fronte di un aumento della domanda (almeno nei mesi dei lockdown), e un conseguente aumento dei prezzi sui prodotti tecnologici, quindi inflazione soprattutto in Europa e in Occidente.

Sulla scia dei danni economici causati dalla pandemia è scoppiata anche la guerra in Ucraina, che ha contribuito, seppur in maniera minore, alla carenza dei chip e sicuramente in grande misura al clima di incertezza economica dei mercati, con Samsung e Apple, tra le tantissime altre aziende, che hanno bloccato le loro vendite in Russia.

E come se non bastasse, proprio di recente, si sono aggiunte le tensioni geopolitiche nell’indo-pacifico, con le esercitazioni di Pechino sui cieli e mari di Taiwan che al momento della stesura di questo articolo ancora proseguono ma che, per il momento (e per fortuna) non stanno spaventando particolarmente i mercati e non costituiscono una minaccia per la produzione del gigante Tsmc. Tuttavia, nel peggiore degli scenari una guerra a Taiwan metterebbe completamente in ginocchio l’azienda di Taipei e le ripercussioni sul mercato dei semiconduttori sarebbero ingenti.

Ci sono poi una serie di leggi soprattutto da parte degli Usa, ma che avranno impatto anche a livello globale, come il Chips and Science Act, e l’Uyghur Forced Labor Prevention Act (Uflpa), che mirano in pratica a raggiungere l'indipendenza da Cina e Russia in merito alla produzione di semiconduttori; questo processo, seppur richieda del tempo, ha comunque contribuito in questa fase di transizione a ridurre lo scambio commerciale di tali merci con i produttori cinesi e quindi al rallentamento del mercato.

A tutto questo si aggiunge, per ultimo ma non per importanza, la recente battaglia dei brevetti di Nokia contro gli smartphone di produzione cinese (le aziende cinesi si sono rifiutate di accettare la tassa di rinnovo della licenza di Nokia), che potrebbe portare al blocco delle vendite di Oppo, OnePlus, Xiaomi, Realme e Vivo (i marchi di BBK Electronics) in gran parte dell’Europa, nel caso i tribunali diano ragione a Nokia anche negli altri Paesi in cui l’azienda finlandese ha intentato causa a Bbk Electronics (le vendite di Oppo e One Plus sono già state bloccate in Germania).

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