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Bezos e Musk approfittano della Cop26 ma non fanno una bella figura

Mentre la Terra soffre loro mirano allo Spazio
Bezos e Musk approfittano della Cop26 ma non fanno una bella figura

Se COP26 avesse una colonna sonora, questa sarebbe il ‘bla bla bla’ di Greta Thunberg. L’attivista è stata esclusa dai lavori della kermesse di Glasgow perché, ovviamente, non è a capo di uno degli stati invitati anche se i suoi sostenitori hanno fatto sapere “I veri leader non sono là dentro, i leader siamo noi”.

Quello che è vero è che, dopo l’accordo di Parigi del 2015, ben poco è stato fatto per salvaguardare la salute già abbastanza cagionevole del Pianeta Terra. No, non parliamo tanto del cambiamento climatico, conseguenza secondo lo scienziato Zichichi solo per il 5% delle attività umane, ma di molti altri fattori che contribuiscono ad accelerare l’inquinamento, tra cui le emissioni di CO2.

La verità è che, e lo dimostrano fatti recenti, gli unici tentativi per invertire la rotta arrivano dalle grandi compagnie globali, quasi sempre operanti nel settore hi-tech. Paradossalmente, sono state proprio loro ad aver stressato la catena di fornitura di materiali rari, come lo zinco, ma anche le prime in pista per rimediare a decenni di sfrenata produzione e di altrettanto consumo. Non possiamo che menzionare Apple che, da anni oramai, ha ben in mente come raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro il 2030, tra stabilimenti alimentati a energie rinnovabili e controllo spasmodico sulla linea di approvvigionamento dei suoi fornitori.

L’idea di Bezos: 2 miliardi di dollari per la Natura

Al fianco di Apple c’è Amazon. Jeff Bezos, tra gli uomini più ricchi al mondo, grazie ad un impero costruito sulla vendita di libri online (libri, non ebook), ha promesso 2 miliardi di dollari per ripristinare gli habitat naturali e trasformare i sistemi alimentari. Parlando dinanzi al presidente Biden e ad altri leader, ha affermato che l'industria privata deve svolgere un ruolo centrale per il raggiungimento di obiettivi comuni: “Amazon mira ad alimentare tutte le sue operazioni con energie rinnovabili entro il 2025”.

L'anno scorso, l’organizzazione dei lavoratori di Amazon, conosciuta come Employees for Climate Justice, aveva invitato il gigante a raggiungere zero emissioni entro il 2030, limitare il suo lavoro con le aziende di combustibili fossili e interrompere i finanziamenti per politici e lobbisti che negano l'esistenza del cambiamento climatico.

Spostare l’attenzione altrove

Vogliamo poi considerare che Blue Origin, la compagnia spaziale voluta proprio da Bezos, che ha portato in orbita civili non astronauti professionisti, è già nel mirino degli ambientalisti, visto il rischio di creare tutta una nuova categoria di spazzatura spaziale? Le conseguenze della corsa alle crociere intorno alla Terra non sono ancora evidenti ma note: i missili non viaggiano con energia elettrica. Blue Origin utilizza combustibile liquido a idrogeno e ossigeno per far funzionare il suo razzo New Shepard. Secondo Bezos si tratta di una soluzione molto meno inquinante rispetto ad altre ma non considera del tutto il rilascio di fumo nell’atmosfera terrestre. Uno studio del 2010 ha previsto che mille voli di turismo spaziale potrebbero portare al riscaldamento dell’Antartide di quasi un grado Celsius.

Musk: 6 miliardi per la povertà

Elon Musk concorre con Bezos nel settore dei voli intergalattici (il trittico è completato dalla Virgin Galactic di Richard Branson) ma anche nel far parlare di sé per strampalati annunci. Il magnate non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di COP26 per una uscita delle sue. Ecco allora che, su Twitter, ha scritto: "Se il World Food Program può descrivere su questo thread di Twitter esattamente come 6 miliardi di dollari risolveranno la fame nel mondo, venderò le azioni di Tesla in questo momento”.

Musk ha poi rincarato la dose, chiedendo che i dettagli siano open source e pubblici. La questione non è figlia di un gesto filantropico del fondatore di Tesla, ma la risposta al direttore del WFP, David Beasley, che a fine ottobre avrebbe affermato alla CNN che il 2% della ricchezza di Elon Musk potrebbe risolvere la fame nel mondo. Il WFP ha raccolto 8,4 miliardi di dollari nel 2020 per aiutare a nutrire persone povere mentre il 2% della ricchezza di Musk ammonterebbe a 6 miliardi di dollari. A cosa sono serviti i soldi ottenuti finora se non a sfamare chi ne aveva necessità?

Nelle ore successive al tweet, Beasley ha spiegato che se il numero di persone sull'orlo della fame è raddoppiato durante la pandemia, i guadagni netti di centinaia di miliardari sono invece cresciuti, proprio a seguito del Covid (basti pensare all’e-commerce). Il WFP, che pubblica ogni anno rapporti finanziari controllati, ha già risposto a varie richieste sull’efficienza dei suoi programmi. Nel 2018, il Center for Global Development ha classificato il World Food Program all'ultimo posto su 40 agenzie umanitarie per "efficacia degli aiuti". Quest’anno non lo ha inserito per nulla, a seguito della decisione di escludere gli aiuti umanitari dalle sue metriche. Lo scambio su Twitter non ha fornito suggerimenti su come risolvere la fame nel mondo ma se Musk ha la risposta, sarebbe ora di darla, prima di cominciare a colonizzare Marte.

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