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Allarme siccità in Italia: dobbiamo fare presto

Allarme siccità in Italia: dobbiamo fare presto

La crisi siccitosa che il nostro Paese sta vivendo ormai da mesi mette al centro più che mai l’urgenza di avviare un dibattito serio e approfondito sulla gestione della risorsa acqua e la condivisione di una strategia nazionale sulla risorsa. Come evidenziato dall’Osservatorio della Community Valore Acqua per l’Italia giunta alla quarta edizione, il nostro Paese è tra i più idrovori d’Europa, sia a livello assoluto con oltre 9 miliardi di m3 di acqua prelevata ogni anno per uso civile ( Paese dell’Unione Europea), sia in termini relativi, con 153 m3 di acqua prelevata per abitante all’anno ( Paese dell’Unione Europea, dopo la Grecia con 157 m3 per abitante). Allo stesso tempo, l’Italia è caratterizzata da un livello di investimenti nell’infrastruttura idrica nazionale ancora inadeguato: anche gli ultimi dati disponibili, confermano il posizionamento dell’Italia in fondo alla classifica europea per investimenti nel settore, con 49 Euro per abitante all’anno, poco più della metà della media europea (82 Euro), metà degli investimenti francesi (90 Euro) e tedeschi (92 Euro) e circa un terzo degli investimenti inglesi (135 Euro). Per allinearsi alla media europea di investimenti nel Servizio Idrico Integrato, l’Osservatorio della Community ha calcolato che sarebbero necessari 2 miliardi di Euro aggiuntivi all’anno di investimenti, mentre per raggiungere la media di Francia, Germania e Regno Unito servirebbero 3,4 miliardi di Euro aggiuntivi all’anno.

La combinazione di questi fattori rende l’Italia fortemente vulnerabile al cambiamento climatico: da un lato, il 21% del territorio italiano è a rischio desertificazione e, dall’altro, il numero di eventi metereologici estremi è cresciuto del +25% all’anno negli ultimi 20 anni, con rilevanti conseguenze economiche sui territori colpiti, a fronte di una riduzione media annua delle precipitazioni del 2,5%.

Sebbene se ne parli solo in questi mesi di emergenza, il processo di trasformazione dello scenario ambientale e climatico italiano è già in corso da oltre due secoli. Dal 1800 ad oggi, l'Italia riceve meno precipitazioni, con una diminuzione più pronunciata nelle Regioni settentrionali, in cui le stagioni con il trend negativo più forte dal 1800 sono l'autunno (-25% da inizio 1800 ad oggi) e l'estate (-19% nello stesso periodo). Non solo. La temperatura media annuale dell'Italia è aumentata di +1°C negli ultimi 100 anni e il declino della salute climatica del Paese è culminato nel primo semestre 2022, che si posiziona come il semestre più caldo e meno piovoso della storia italiana, con un’anomalia termica di +2,7 °C e una riduzione delle precipitazioni del 48% rispetto alla media degli ultimi quarant’anni.

La siccità sta colpendo tutti i territori italiani, dalla montagna al mare, con particolare concentrazione nel Nord Italia, con picchi di territorio affetto da siccità severo-estrema del 72% in Friuli Venezia Giulia e del 65% in Lombardia. L’anno in corso si posiziona come il terzo in assoluto per scarsità di accumuli nevosi sull’intero arco alpino e il manto nevoso è del 70% inferiore all’anno precedente, secondo i dati riportati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dall’Autorità Distrettuale del fiume Po. I maggiori Laghi Alpini rivelano una situazione altrettanto critica: l’afflusso idrico che riempie il Lago di Garda è al 50,1% rispetto alla media degli ultimi 5 anni, al 31% per il Lago Maggiore, al 23,2% per il Lago d’Iseo e Lago d’Idro e al 4,5% per il Lago di Como. Il Po ha la portata più bassa degli ultimi 70 anni. La riduzione delle piogge, la scarsità di neve e la riduzione della portata degli affluenti, si trasmette nell’avanzata del cuneo salino alla foce, che ha superato i 35 km, minando l’equilibrio tra acqua dolce e salata a discapito delle coltivazioni e degli ecosistemi circostanti. Dal 10 maggio, il Mar Mediterraneo è inoltre colpito da un’ondata di calore che ha innalzato la temperatura della superficie di circa +4°C rispetto alla media del periodo 1985-2005, con picchi superiori a 23°C.

A questo ritmo, l’International Energy Agency (IEA) prevede che i flussi idrici in Italia si ridurranno del 40% entro il 2080.

Tutto questo genera conseguenze economiche e sociali che non possono essere trascurate per i territori italiani. Ogni anno l’Italia spende circa 7 miliardi di Euro per contrastare i danni generati dal cambiamento climatico, ma nel 2022 ammontano già ad oggi a 3 miliardi di Euro, secondo Coldiretti, i danni per il solo settore agricolo nel Nord Italia. A fronte della scarsità di acqua dei mesi scorsi, il cambiamento climatico ha già impattato le colture e le produzioni agroalimentari distintive del Paese.  Attenderemo fine anno per i dati a consuntivo 2022, ma i dati dello scorso anno restituiscono un quadro preoccupante: nel 2021, l’Italia ha perso un quarto della propria produzione di frutta (con picchi fino al -95% per il miele, -69% per le pere e -48% per le pesche) e il 10% della propria produzione di riso e vino, per i quali il Paese rappresenta il 1° produttore europeo e mondiale, rispettivamente.

Al fine di individuare una soluzione di lungo periodo è necessario agire su un duplice fronte: da un lato, bisogna tutelare la risorsa idrica già esistente e immessa nelle reti; dall’altro, risulta fondamentale identificare nuove fonti di approvvigionamento che garantiscano la qualità e la quantità necessarie. Per entrambe le due linee di azione, la tecnologia può dare un contributo rilevante. Ad esempio, l’utilizzo diffuso ed efficace degli Smart Meter può aiutare a controllare i consumi e avere maggior consapevolezza sull’efficace funzionamento della rete. Il loro impiego non può, però, prescindere dall’accelerazione del tasso di sostituzione delle reti del Paese, a partire da alcune zone del Sud Italia dove la prevalenza di gestioni in economia, affidate a singoli enti locali, non consente di avere la “massa critica” per fare gli investimenti necessari. Anche l’agricoltura può contare su alcune soluzioni già oggi disponibili: l’irrigazione a goccia rappresenta già una risposta concreta per l’ottimizzazione delle risorse idriche, permettendo un risparmio di acqua fino al -95% rispetto alle tecniche tradizionali e una riflessione condivisa sulle colture meno idroesigenti potrebbe aiutare i territori più colpiti dalla crisi idrica.

La tecnologia però da sola non basta. Come sottolineato dalla Community Valore Acqua per l’Italia, occorre combinare l’avanzamento tecnologico con l’educazione e la sensibilizzazione dei cittadini verso un corretto uso della risorsa acqua per evitare gli sprechi e lo sviluppo infrastrutturale per rendere il territorio più resiliente al cambiamento climatico, per esempio attraverso la costruzione di bacini idrici che consentano di recuperare l’acqua piovana (ad oggi solo l’11% del volume annuo che cade sul territorio italiano è trattenuto).

Se non verranno attuate in tempo misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, il loro impatto sul PIL italiano peserà per circa l’8% entro fine secolo. Non c’è più tempo, dobbiamo fare presto.

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