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Estate

Quanto costa all’ambiente avere spiagge 'spianate' per i nostri ombrelloni

Le dune costiere sono un hotspot di biodiversità e proteggono i litorali dai fenomeni climatici estremi. Ma l’impatto dell’uomo le ha molto ridimensionate. Oggi gli esperti sono concordi: “Solo ricostruendole e proteggendole le coste italiane possono rifiorire”
4 minuti di lettura

Le salvi chi può. Minacciate da un modello economico che tende allo sfruttamento turistico dei litorali, traducendosi in un costante ampliamento delle aree attrezzate per la balneazione, delle strade e dei parcheggi che consentono un comodo accesso alle spiagge, le dune costiere sono, oggi, un presidio di biodiversità e di protezione sempre più fragile. Proteggerle, ricostruirle, valorizzarle significherebbe ricreare condizioni ideali per la ripresa di ecosistemi naturali sempre più impattati dall'uomo e, al contempo, garantire anticorpi più resistenti ai fenomeni legati al cambiamento climatico, che minaccia sempre più le coste del Paese.


"Ma per farlo dobbiamo essere disposti a cambiare il nostro approccio, accettando arenili meno vicini all'idea che ci è stata trasferita dalle pubblicità dei grandi villaggi turistici, che prevede spiagge spianate e bianche, come se un litorale selvaggio e naturale non costituisse di per sé un valore aggiunto, soprattutto in termini di difesa dall'erosione costiera", spiega Filippo D'Ascola, che coordina il gruppo di lavoro che si occupa del monitoraggio dell'assetto costiero per il Centro Nazionale Coste di Ispra.

Dune sul litorale campano
Dune sul litorale campano 

Un focus, il suo, su una superficie complessiva di 120 chilometri quadrati di spiagge. "Meno del territorio del solo municipio di Ostia, a Roma, perché - come emerso dall'ultimo censimento, che integra i dati del 2020, mediamente le spiagge italiane sono profonde circa 35 metri, e occupano circa il 41% delle coste. Qui ogni piccola modifica può risultare fatale agli equilibri". Figurarsi, dunque, gli interventi invasivi che, alla vigilia di ogni stagione turistica, tendono a spianare le spiagge destinate a ospitare linee di ombrelloni a perdita d'occhio, a ripulirle in modo grossolano o a effettuare opere di ripascimento.


"Regioni ed enti locali in tutta Italia spendono milioni di euro per rimediare all'erosione costiera lungo il litorale di centinaia di comuni per rimediare all'erosione costiera quando aiuterebbe, tanto per iniziare, ripristinare il sistema delle dune, che -  accumulando una riserva che fa parte del meccanismo di morfodinamica naturale - mitiga gli effetti dell'innalzamento del livello dei mari ed è un'efficace protezione contro fenomeni climatici estremi, come l'alluvione costiera di recente registrata a Marina di Pisa", aggiunge D'Ascola. "La verità - prosegue - è che l'uomo ha invaso il cosiddetto retrospiaggia, e alla spiaggia attiva non si accompagnano più strutture geomorfologiche come le dune costiere, spazzate via dalle strade, dall'urbano sparso, dalle villette". 


E grazie alle ultime integrazioni del database, Ispra "fotografa" peraltro l'impatto antropico sulle spiagge: 1877 su 5786 censite in Italia, il 32%, presenta un impatto antropico. Si tratta di impatti spesso importanti, che compromettono l'habitat originario. E già nel 2015 Ispra denunciava peraltro come "i litorali sabbiosi e le dune ad essi associate sono ambienti fragili, attualmente esposti a numerose forme di disturbo e fortemente minacciati a scala mondiale, europea e nazionale". Un fenomeno - quello del degrado e della perdita degli ambienti dunali - che interessa tutti i Paesi dell'Unione Europea ed è particolarmente intenso in quelli che si affacciano sul Mediterraneo. Così, sentenzia Ispra, "la costante crescita d'interesse per lo sfruttamento turistico dei litorali ha ormai completamente alterato o del tutto eliminato il paesaggio dunale".

Un fratino
Un fratino 

Senza dune, il fratino non sa dove nidificare

Ma perdere gli ambienti dunali vuol dire anche essere costretti a rinunciare a veri e propri hotspot di biodiversità, sacrificati alla necessità (inderogabile?) di avere spiagge comode e perfette, libere anche dalle banquette di Posidonia oceanica. "O di aggiungere un paio di file di ombrelloni a luglio e agosto, con una visione miope che non tiene conto della superficialità degli interventi di ripianamento degli arenili, che sono semplici palliativi e non guardano al futuro", annota D'Ascola.


"E non v'è dubbio che gli ambienti di spiaggia siano tra i più minacciati e vulnerabili dell'intero ecosistema mediterraneo", spiega Marcello Giannotti, ornitologo e responsabile, per l'associazione Ardea, del progetto "Una spiaggia per il fratino",  che prevede il monitoraggio e la tutela degli ecosistemi dunali, dove nidificano specie di uccelli limicoli a rischio, in primis - per l'appunto - il fratino. "Ormai estremamente ridimensionato rispetto al passato, l'ambiente dunale svolge un ruolo rilevante sia nel contenimento dell'erosione che nella tutela della biodiversità costiera, sia faunistica che vegetazionale, in quanto habitat di diverse specie di pregio". Giannotti ha osservato da vicino i cambiamenti della morfologia delle spiagge negli ultimi anni, talvolta accelerati dai grandi tour estivi, e denuncia oggi "l'assenza di una sua adeguata tutela. Le attuali modalità di gestione e di fruizione delle spiagge stanno comportando una progressiva contrazione di queste aree, spesso viste addirittura come elemento di degrado, e quindi perdita della naturalità e della biodiversità delle nostre coste". Il risultato? Le specie nidificanti sono in difficoltà. "In Campania, dove sono focalizzate le nostre attività, con una particolare attenzione al litorale casertano, l'impattante gestione delle spiagge sta determinando un calo della popolazione di fratino, già fortemente compromessa negli ultimi decenni e che vive oggi un concreto rischio di estinzione. Nell'attuale stagione riproduttiva abbiamo rinvenuto dagli appena quattro nidi della specie, con un calo dell'80% rispetto alla media degli scorsi anni".


Come si può invertire il trend? "L'approccio all'ambiente dunale e in generale alle spiagge va rivisto rispetto al passato, dando una nuova priorità agli aspetti conservazionistici rispetto a quelli di sfruttamento e ciò non può prescindere da una corretta campagna di sensibilizzazione e informazione. - spiega Giannotti - Se un bagnante guardasse con un po' di attenzione l'ambiente dunale si accorgerebbe delle rigogliose e colorate essenze presenti al suo interno, noterebbe l'infinita quantità di artropodi che lo abitano e, con un po' di colpo d'occhio e di fortuna, potrebbe imbattersi in uccelli curiosi e interessanti come i piccoli fratini che - appena nati, alti appena un paio di centimetri - cercano rifugio al di sotto di piante che spesso vengono spazzate via per far posto ai nostri ombrelloni".

 

Coastal squeeze, la tecnologia ci racconta la vegetazione perduta

L'ultimo studio, sviluppato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc) in collaborazione con il Politecnico di Torino combinando dati multi-spettrali ad altissima risoluzione, misure sul campo e tecniche di machine learning per introdurre un innovativo algoritmo per la conservazione delle dune costiere, ha mappato la vegetazione delle dune costiere con un'accuratezza del 76%. Ne è venuta una fotografia puntuale di un fenomeno definito "coastal squeeze", causato dall'azione combinata dell'innalzamento del livello del mare da un lato e dell'espansione urbana dall'altro, non di rado aggravato dall'inquinamento.


La ricerca (pubblicata con il titolo Enhancing Precision in Coastal Dunes Vegetation Mapping: Ultra-High Resolution Hierarchical Classification at the Individual Plant Level,) introduce un metodo innovativo per mappare la vegetazione delle dune costiere con una precisione senza precedenti e suggerisce una conservazione delle dune costiere che si basi su una gestione e pianificazione adeguata delle attività di conservazione che, a loro volta, partano da un attento monitoraggio, effettuato tramite droni, misurazioni sul campo e tecniche di machine learning.
 

"Le dune di sabbia costiere sono un esempio evidente della duplice necessità di mappatura della copertura del suolo e identificazione delle specie vegetali", afferma Melissa Latella, ricercatrice presso il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, coautrice dello studio, che ha sfruttato ampi dati di campo provenienti dal Parco Regionale Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli. "Uno studio - spiega - che non solo dimostra il potenziale dei dati ad alta risoluzione per la conservazione ambientale, ma evidenzia l'urgente necessità di una gestione efficace delle dune costiere. I risultati sono destinati a informare i futuri sforzi di conservazione, fornendo preziose informazioni a gestori ambientali, scienziati e decisori politici."